giovedì, aprile 26, 2007

I sette vizi capitali: Lussuria


Io venni in loco d'ogne luce muto,
che mugghia come fa mar per tempesta,
se da contrari venti è combattuto.
La bufera infernal, che mai non resta,
mena li spirti con la sua rapina;
voltando e percotendo li molesta.
Quando giungon davanti a la ruina,
quivi le strida, il compianto, il lamento;
bestemmian quivi la virtù divina.
Intesi ch'a così fatto tormento
enno dannati i peccator carnali,
che la ragion sommettono al talento.
E come li stornei ne portan l'ali
nel freddo tempo, a schiera larga e piena,
così quel fiato li spiriti mali
di qua, di là, di giù, di sù li mena;
nulla speranza li conforta mai,
non che di posa, ma di minor pena.
E come i gru van cantando lor lai,
faccendo in aere di sé lunga riga,
così vid' io venir, traendo guai,
ombre portate da la detta briga;
per ch'i' dissi: «Maestro, chi son quelle
genti che l'aura nera sì gastiga?».
«La prima di color di cui novelle
tu vuo' saper», mi disse quelli allotta,
«fu imperadrice di molte favelle.
A vizio di lussuria fu sì rotta,
che libito fé licito in sua legge,
per tòrre il biasmo in che era condotta.
(Inf. V, 28-57)
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La lussuria intesa come vizio è un parto del Cristianesimo, in quanto genera turbamento nella volontà individuale, acceca la ragione e rende l’uomo incapace di controllare le proprie passioni. Per molte altre religioni, invece, la lussuria non rappresenta un male. Nella religione pagana classica era al contrario considerata un mezzo di contatto con il divino: nei Baccanali ad esempio i riti orgiastici rappresentavano il momento centrale del culto in onore di Bacco/Dioniso. Esisteva, inoltre, la prostituzione sacra, praticata dalle sacerdotesse di alcuni templi orientali. Ce ne parla, ad esempio, Erodoto (Storie: 1,199), quando ci informa su come venisse praticata a Babilonia: “È obbligo che ogni donna del paese, una volta durante la vita, postasi nel recinto sacro ad Afrodite, si unisca con uno straniero. …Per lo più il rito si svolge così: se ne stanno le donne sedute nel sacro recinto di Afrodite con una corona di corda intorno al capo: sono in gran numero, perché mentre alcune sopraggiungono altre se ne vanno; tra le donne si aprono dei passaggi, delimitati da corde e rivolti in tutte le direzioni, per i quali si aggirano i forestieri e fanno la loro scelta. Quando una donna si asside in quel posto, non torna più a casa se prima un qualche straniero, dopo averle gettato del denaro sulle ginocchia, non si sia a lei congiunto all'interno del tempio. Nell'atto di gettare il denaro, egli deve pronunciare questa frase: Invoco per te la dea Militta”.
Nell'induismo, poi, esiste una via iniziatica che si basa sulla lussuria, il Kama Sutra.
Nel Medioevo la lussuria era posta in stretta correlazione con il peccato di gola. Gli eccessi del cibo e la smodatezza del bere rendevano, infatti, fragile la vigilanza dei sensi, scioglievano i freni inibitori e conducevano ad atti sessuali disordinati. Gregorio Magno asseriva addirittura che la lussuria fosse causata da un’eccitazione degli organi genitali, provocata dalla pressione del ventre, gonfio a causa del troppo cibo. La medicina antica riteneva, infatti, che l’eccitazione fosse causata da un’eccessiva umidità nel corpo.
La lussuria non è a mio avviso propriamente un peccato, a meno che non ci si faccia travolgere dalle proprie pulsioni così tanto da perdere completamente il controllo di sé; quando cioè diviene follia, coinvolgendo persone non consenzienti. Direi, tuttavia, che oggigiorno non abbia ormai più senso… dovremmo altresì mandare tra le fiamme dell’Inferno gran parte della popolazione mondiale.
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A questo vizio ho pensato di associare la Pavola, un dolce che la Larousse Gastronomique ci dice essere stato concepito in seguito ad un concorso bandito da un giornale neozelandese, ma perfezionato dal pasticciere australiano Berth Sachse.
Se desiderate conoscere meglio la sua storia vi consiglio di leggere il post della piccola cuoca
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Pavlova
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Ingredienti per la meringa: 6 albumi, 180 gr di zucchero semolato, 180 gr di zucchero a velo.
Ingredienti per la composizione: 250 gr di panna fresca montata, 800 gr di fragole, 100 gr di zucchero.
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Montiamo gli albumi a neve aggiungendo un poco alla volta lo zucchero semolato. Quando la meringa sarà diventata soda, aggiungiamo lo zucchero a velo, girando piano piano con un cucchiaio dall’alto verso il basso, fin quando il composto risulti liscio. Preriscaldiamo il forno a 120°C. Rivestite una teglia di carta forno e disponeteci sopra la meringa dandole una forma rotonda di 23 cm di diametro (o se preferite potete farne tante del diametro di 6-7 cm) e 5 cm di altezza. Dal centro togliamo qualche cucchiaiata ed aggiungiamola alla parte periferica, in modo da creare al centro della meringa una depressione. Inforniamo per circa 1-1 e ½ ora. Quando è pronta lasciamola raffreddare. Puliamo e laviamo le fragole. Prendiamone la metà e passiamole nel mixer con i 100 gr di zucchero, rendendole una purea. Mettiamo la panna montata al centro della meringa, disponiamoci sopra le fragole che abbiamo lasciato intere e versiamoci su la purea. Questo dolce deve essere consumato subito, al massimo lo stesso giorno!

domenica, aprile 22, 2007

Tanti auguri Roma!


Secondo la tradizione Romolo voleva fondare la città sul Palatino, mentre Remo avrebbe voluto l’Aventino… sarebbe stato il Fato a decidere… “Siccome erano gemelli e il rispetto per la primogenitura non poteva funzionare come criterio elettivo, toccava agli dei che proteggevano quei luoghi indicare, attraverso gli auspici, chi avessero scelto per dare il nome alla nuova città e chi vi dovesse regnare dopo la fondazione. Così, per interpretare i segni augurali, Romolo scelse il Palatino e Remo l’Aventino. Il primo presagio, sei avvoltoi, si dice toccò a Remo. Dal momento che a Romolo ne erano apparsi il doppio quando ormai il presagio era stato annunciato, i rispettivi gruppi avevano proclamato re l’uno e l’altro contemporaneamente. Gli uni sostenevano di aver diritto al potere in base alla priorità nel tempo, gli altri in base al numero degli uccelli visti. Ne nacque una discussione e dal rabbioso scontro a parole si passò al sangue: Remo, colpito nella mischia, cadde a terra. E’ più nota la versione secondo la quale Remo, per prendere in giro il fratello, avrebbe scavalcato le mura appena erette e quindi Romolo, al colmo dell’ira, l’avrebbe ammazzato aggiungendo queste parole di sfida: "Cosi, d'ora in poi, possa morire chiunque osi scavalcare le mie mura". In questo modo Romolo s’impossessò da solo del potere e la città appena fondata prese il nome del suo fondatore.” (Livio, “Storia di Roma” I ,7)… Era il 21 aprile del 753 a.C. e da quel giorno sono passati 2760 anni!

Buon Compleanno, allora, mia adorata vecchia… ma sempre bellissima Signora!

venerdì, aprile 20, 2007

I sette vizi capitali: Gola


Qual è quel cane ch’abbaiando agogna,
e si racqueta poi che ’l pasto morde,
ché solo a divorarlo intende e pugna,
cotai si fecer quelle facce lorde
de lo demonio Cerbero, che ’ntrona
l’anime sì, ch’esser vorrebber sorde.
Noi passavam su per l’ombre che adona
la greve pioggia, e ponavam le piante
sovra lor vanità che par persona.
Elle giacean per terra tutte quante,
fuor d’una ch’a seder si levò,
ratto ch’ella ci vide passarsi davante.
"O tu che se’ per questo ’nferno tratto",
mi disse, "riconoscimi, se sai:
tu fosti, prima ch’io disfatto, fatto".
E io a lui: "L’angoscia che tu hai
forse ti tira fuor de la mia mente,
sì che non par ch’i’ ti vedessi mai.
Ma dimmi chi tu se’ che ’n sì dolente
loco se’ messo, e hai sì fatta pena,
che, s’altra è maggio, nulla è sì spiacente".
Ed elli a me: "La tua città, ch’è piena
d’invidia sì che già trabocca il sacco,
seco mi tenne in la vita serena.
Voi cittadini mi chiamaste Ciacco:
per la dannosa colpa de la gola,
come tu vedi, a la pioggia mi fiacco.
E io anima trista non son sola,
ché tutte queste a simil pena stanno
per simil colpa". E più non fé parola.
(Inf., VI, 28-57)
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Anche in questo caso un vizio di cui molti uomini si macchiano… anche in questo caso i primi golosi della storia furono Adamo ed Eva… rei di non aver saputo resistere ad una mela! Da sempre simbolo di corruzione morale, da cui scaturirono tutti i mali. Ritengo che sia un male del progresso e dell’abbondanza. Siamo sempre più ossessionati dal cibo… e dalle diete. L’obesità infantile è diventata ormai un problema sociale!
S. Agostino disse: “Sebbene io mangi e beva per la mia salute, vi si aggiunge come ombra una soddisfazione pericolosa, che il più delle volte cerca di precedere, in modo da farmi compiere per essa ciò che dico e voglio fare per salute. La misura non è la stessa nei due casi: quanto basta per la salute è poco per il piacere, e spesso non si distingue se è la cura indispensabile del corpo, che ancora chiede un soccorso, o la soddisfazione ingannevole della gola, che, sotto, richiede un servizio” (Le confessioni, 44). Il mondo occidentale ha superato da tempo “la misura”, trasformando il vizio in malattia… in disagio sociale e mentale.
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Biscotto caramellato con crema alla lavanda
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Ingredienti per il biscotto: 120 gr di burro, 180 gr di crema di latte, 180 gr di zucchero, 1 cucchiaio di succo di limone, 120 gr di farina, fiori di lavanda senza stelo.

Ingredienti per la crema: 750 gr di crema di latte, 150 gr di zucchero, 9 tuorli, 15 rametti di lavanda, 150 gr di panna montata, 10 gr di gelatina in fogli.
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Ponete sul fuoco una pentola con il burro, la crema di latte, lo zucchero ed il succo di limone. Appena inizia a bollire aggiungete farina e lavanda. Mescolate fino ad ottenere un composto omogeneo. Imburrate ed infarinate una teglia e stendeteci sopra delle cucchiaiate di pastella a formare dei rettangoli di 6 cm di lato. Mettete in forno preriscaldato a 180°C per 10-12 minuti. Lasciateli raffreddare e scollateli delicatamente con una spatola.
In una pentola battete i tuorli con lo zucchero ed aggiungete la crema di latte. Mettete sul fuoco ed unite i rametti di lavanda, che avrete legato in un mazzetto con del filo. Mescolate fin quando raggiunga la temperatura di 85°C, poi togliete dal fuoco. Aggiungete la gelatina, che avrete fatto precedentemente ammorbidire in acqua fredda, e mescolate fino a farla sciogliere bene. Lasciate raffreddare un po’ (non che si coaguli) ed unite la panna montata. Versate in una teglia rettangolare e ponete in frigorifero per qualche ora. Tagliate la crema in quadrati e servite ognuno tra due biscotti.

sabato, aprile 07, 2007

Χριστός Ανέστη! …Αληθώς Ανέστη!


In tutto il mondo, ormai, l’uovo è il simbolo della Pasqua.
A differenza di molte lingue europee che derivano la parola “Pasqua” dall’ebraico Pasach, le lingue germaniche usano, come quella inglese, la parola Easter, che deriva dal nome Eastre o Ostara, una dea anglosassone associata a vari aspetti connessi con il rinnovarsi della vita come la primavera, la fertilità e la lepre (per la velocità con cui prolifica). Secondo alcune leggende la dea avrebbe trasformato in lepre un uccellino morente di gelo, salvandogli la vita, e le lepre l’avrebbe ricompensata deponendo per lei delle uova dai magici colori scintillanti. Per tale motivo, Ostara è simboleggiata dall'uovo, che contiene in sé il principio della vita ed il bipolarismo maschile-femminile del divino. Da sempre, così, le uova sono il simbolo della vita che nasce, ma anche del mistero, quasi della sacralità.
Per i Greci il caos originario si metamorfizzò in Uccello e depose l’Uovo del mondo, embrione o germe della vita. L’uovo, quindi, oltre a simbolizzare il principio della vita originaria, simbolizza anche la rinascita dopo la morte. Tale concetto del resto è antichissimo… gli Egiziani facevano pronunciare al morto una formula (“Io sono l’uovo che era nel ventre della grande Oca”) con evidenti riferimenti alla trinità dell’uovo di Osiride: guscio, tuorlo, albume… ovvero nascita, morte e resurrezione.
I Babilonesi festeggiavano l’arrivo del nuovo anno scambiandosi delle uova. Anche in Persia come in Cina uova colorate di rosso erano il regalo per il nuovo anno.
Con l'avvento del Cristianesimo, l’uovo si è legato all’immagine della rinascita, non solo della natura, ma dell'uomo stesso… e di Cristo. L’usanza di scambiarsi uova tra i primi cristiani sembra sia legata ad una leggenda su Maria. Si narra che la Madonna facesse giocare Gesù Bambino con delle uova colorate e che il giorno di Pasqua, tornata sul sepolcro del Figlio, vi trovasse alcune uova rosse sul ciglio. Si racconta, anche, che Maria Maddalena si presentasse all'imperatore Tiberio per regalargli un uovo dal guscio rosso, testimonianza della Resurrezione di Gesù. Ancora oggi una delle tradizioni più sentite della chiesa Ortodossa è quella di offrire uova sode dipinte di rosso durante la Pasqua… ognuno tocca con la punta dell’uovo che tiene in mano, quella del vicino, dicendo: “Cristo è risorto!” (Χριστός Ανέστη) e l’altro risponde “Veramente è risorto!” (Αληθώς Ανέστη). L’uovo rotto diviene il sepolcro che si apre, a concreta testimonianza della resurrezione di Cristo.
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Vorrei augurarvi una Buona Pasqua offrendovi il tipico dolce pasquale che su nessuna tavola greca può mancare, lo Tsoureki… con le immancabili uova rosse.
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Tsoureki
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Ingredienti: 70 gr di burro, 100 gr di latte fresco, 160 gr di zucchero, 3 uova, 5 gr di machlepi, 5 gr di masticha pestata, 100 gr di acqua tiepida, 40 gr di lievito di birra, 600 gr di farina di grano duro, 1 uovo per spennellare e delle mandorle a fettine per guarnire.
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In una pentola scaldiamo il burro, il latte, lo zucchero, il machlepi e la masticha. Fate attenzione che non superi i 50°C. Togliamo dal fuoco ed aggiungiamo le uova. Giriamo ed amalgamiamo bene. In una ciotola facciamo sciogliere il lievito nell’acqua tiepida ed aggiungiamolo alla miscela di uova e burro. Infine aggiungiamo la farina ed impastiamo bene, fin quando l’impasto si stacchi bene dalle mani. Formiamo una palla. Incidiamo sulla superficie una croce. Copriamola con uno strofinaccio e lasciamola lievitare per tre ore in un luogo caldo, in modo che raddoppi il suo volume. Rimpastiamo leggermente e dividiamo l’impasto in tre parti uguali. Lavoriamo l’impasto con un po’ di farina, in modo che non si attacchi, e formiamo dei bastoncini. Possiamo arrotolare i bastoncini e formare delle girelle, oppure intrecciarli e formare una treccia. Ungiamo con dell’olio la placca del forno e disponiamo le girelle o la treccia. Lasciamo lievitare per almeno un’altra ora in un luogo caldo. Spennelliamo la superficie dello tsoureki con dell’uovo che avremo precedentemente battuto con un po’ di olio, cospargiamolo con le mandorle a fette. Mettiamo in forno precedentemente riscaldato a 180°C e facciamo cuocere per circa un’ora, fin quando lo tsoureki abbia un bel colore dorato.
Potete decorarlo, prima di metterlo in forno, con delle uova rosse.